Gli Scritti
Il percorso ideologico e politico di Pasolini
attraverso le sue opere:
6- “Il PCI ai giovani!”
In
pieno Sessantotto, esplosa la contestazione studentesca, la quale tenta di
congiungersi - nelle situazioni che più avversavano gli aspetti socio-politici
di una società italiana che stava degenerando in modelli sempre più
piccolo-borghesi - anche con le lotte operaie che in quegli anni strapperanno al
padronato molte delle conquiste ancora attuali ai giorni nostri, Pasolini scrive
l'ormai famoso Il Pci ai giovani! (Appunti in versi per una poesia in prosa
seguiti da un Apologo) che scatenò molte polemiche.
Erano presenti, nel movimento studentesco, varie ispirazioni ideologiche che
andavano dal marxismo allo stalinismo, dall'acritica accettazione dei principi
della rivoluzione cinese alle idee - base della terza Internazionale. Questo
generava un accentuato frazionismo all'interno dei gruppi extraparlamentari che
si costituirono in quegli anni e un grado di conflittualità, a volte anche solo
verbale, sempre elevato. E vi erano anche alcuni di coloro ai quali Pasolini si
rivolge:
Siete
paurosi, incerti, disperati
(benissimo!) ma sapete anche come
essere
prepotenti, ricattatori e sicuri:
prerogative piccolo-borghesi, amici.
[…]
"Inoltre i giovani di oggi (che si
sbrighino poi ad abbandonare l'orrenda denominazione classista di studenti, e a
diventare dei giovani intellettuali) non si rendono conto di quanto sia
repellente un piccolo-borghese […]"
[dall'Apologo]
ma nei confronti dei quali, probabilmente,
dovevano essere evitate sempre pericolose generalizzazioni.
Gli avvenimenti del Sessantotto sono senza dubbio storicamente complessi e,
"incappano in due griglie interpretative divergenti, se non opposte. Ci sono i
sostenitori della palingenesi e gli assertori del tutto negativo, tutto
sbagliato", scrive Mario Capanna (Formidabili quegli anni) che di quelle
lotte fu tra i protagonisti. E continua dicendo che una delle chiavi per
giubilare il Sessantotto è stata la sua idealizzazione.
"Come se
l'antagonismo non fosse vero e concreto. Ogni giorno, ogni ora, ogni minuto la
questione del potere era posta da milioni di persone qui e ora: come potere di
pensare, di dire, di decidere, di cambiare, di costruire. Nel concreto del
rapporto tra studente e docente, fra operaio e padrone, tra individuo e
moltitudine e Stato. Ed era un concreto così concreto che De Gaulle pensò, per
contrastarlo, a un colpo di Stato e in Italia si è fatto ricorso alla politica
della strage di Stato. […] Con l'aberrazione del terrorismo, poi, la
giubilazione ha ritenuto di poter celebrare esequie definitive. Sul presupposto
della falsa equazione: Sessantotto uguale terrorismo. […] Il corto circuito di
pochi, nascosti dietro l'angolo dell'agguato, opposto al flusso di grandi
movimenti operanti alla luce del giorno […]”. Proprio la vicenda della sinistra
italiana costituisce la riprova che il Sessantotto ha fornito, tra l'altro, un
insegnamento di valore strategico. Il centro della società si sposta,
culturalmente e politicamente, a sinistra quando presenta una progettualità
alternativa forte, di alto profilo e persuasiva, che poggi sui pilastri dei
grandi movimenti di massa trasformatori. E questa è anche l'unica strada per
strappare riforme. Non a caso lo Statuto dei diritti dei lavoratori è del 1970.
Al contrario quando la sinistra cade preda di quel male che è “ammassamento al
centro”, allora questo resta bloccato e prevalgono le forze moderate e
conservatrici.
Nell'ottobre del 1968, infine, Pasolini scrisse nella rubrica "Il Caos":
"Non è stato, questo, un anno glorioso per la nostra vita nazionale, e neanche
internazionale. Per un viaggio sulla luna, quanti regressi sulla terra. È stato
un anno di restaurazione. Ciò che è più doloroso constatare è stata la fine del
Movimento Studentesco, se di fine si può parlare (ma spero di no). In realtà la
novità che gli studenti hanno portato nel mondo l'anno scorso (i nuovi aspetti
del potere e la sostanziale e drammatica attualità della lotta di classe) ha
continuato a operare dentro di noi, uomini maturi, non solo per quest'anno, ma,
credo, ormai, per tutto il resto della nostra vita. Le ingiuste e fanatiche
accuse di integrazione rivolte a noi dagli studenti, in fondo, erano giuste e
oggettive. E – male, naturalmente con tutto il peso dei vecchi peccati –
cercheremo di non dimenticarcelo più".
>Da "Pier
Paolo Pasolini, la ragione di un sogno" (di Laura Betti"),
intervista ad una
giovane impegnata
politicamente :
“E' stato un rapporto molto
sofferto da tutte e due le parti. Lui ci ha messo davanti ad una realtà diversa
di intelletuale, di uomo di cultura, che nn cercva ne di adularci ne di
contestarci in quato giovani impegnati politicamente. Ci ha messo davanti ad un
modo di pensare che nn concordava con il nostro ma che ci offriva la possibilità
di uscire da quelle schematizzazioni che invece erano caratteristiche di tutti
gli altri.
Lui ci ha insegnato a non accetare mai niente senza mettere in dubbio quello che
ci veniva presentato, tutto quello che ci viene detto, che ci viene insegnato”.
La voce di Pasolini:
“Se voi
volete essere una nuova generazione di giovani infinitamente + matura dovete
anche abituarvi all’atrocità del dubbio anche a questa sottigliezza sgradevole
del dubbio, dovete cominciare ad abituarvi a dibattere i problemi veramente, non
formalmente. Si applaudono sempre dei luoghi comuni: bisogna ragionare, non
applaudire o disapprovare”.
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