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Primi segni dell’antifascismo: collaborazione al
“Setaccio”.
A vent'anni,
nel 1942, Pasolini collaborò alla rivista "Il Setaccio", sorta nell'ambiente
della "Gil" dell'Università di Bologna (durante il regime fascista,
l'associazione studentesca allora istituita nelle università), vi sono i
segni di un antifascismo volto per il momento solamente agli aspetti
culturali di una opposizione al potere.
I primi scritti di Pasolini apparsi
sul "Setaccio" furono una poesia in dialetto friulano e un articolo:” I
giovani, l'attesa”, nel quale, rifacendosi alle proprie esperienze, Pasolini
rivendicava come diritto dei giovani poeti, uno dei quali lui era, la totale
libertà di espressione.
Un’ ulteriore causa di "trasgressione" era l’uso di un dialetto, rifiutato
dal regime poichè impediva l’ impiego delle "lingue barbare" in favore di
una "lingua nazionale":
fin dal primo numero della rivista, Pasolini pubblicò poesie in friulano; la
prima delle quali intitolata Fantasie di mia madre:
Fì, cumò l'è domènie,
l'è dut un susurâ:
ma il mè vis 'a l'è còme
silènsi tal sigâ.
Par lis
fràs-cis lontànis
'i sint Cenci ciantâ:
quànt che ic 'a era vif
– in tal dì dai afàns.
Ah, nini, tal
mè vis,
'a s'ingrùmin i agns.
(Figlio, oggi
è domenica, / è tutto un sussurrare: / ma, il mio viso, è come / il silenzio
nelle grida.Per le frasche lontane, / sento Cenci cantare: / quando egli era
vivo / – nel giorno degli affanni.Ah, fanciullo, nel mio viso / si
raggrumano gli anni.)
(P.P. Pasolini,
Bestemmia, Poesie disperse I,
Garzanti, Milano 1993)
Cesare Bertotto, suo amico casarsano,
anch'egli collaboratore al "Setaccio", ha scritto di Pasolini : "Il suo
antifascismo viscerale e culturale era una nota ricorrente nei suoi
discorsi; a volte era il tono caricaturale e grottesco (riferito agli
aspetti esteriori del gerarchismo fascista) comune a molta gioventù
studentesca".
Dopo la caduta del regime fascista,
Pasolini scrive all'amico-poeta Luciano Serra:
"L'Italia ha bisogno
di rifarsi completamente, ab imo, e per questo ha un bisogno estremo di noi,
che nella spaventosa ineducazione di tutta la gioventù ex-fascista, siamo
una minoranza discretamente preparata. E io, in questo, ti accuso […]
perché, nella tua lettera, non un accenno di sapore politico, non un
commento di dolore o di gioia per l'avvento della libertà. E pensare che per
me, invece, anche per la mia singolare ed intimissima esperienza poetica,
questi giorni sono di una portata immensa. La libertà è un nuovo orizzonte,
che fantasticavo, desideravo sì, ma che ora, nella sua acerbissima
attuazione, rivela aspetti così impensati e commoventi, che io mi sento come
ridivenuto fanciullo. Ho sentito in me qualcosa di nuovo sorgere e
affermarsi, con un'imprevista importanza: l'uomo politico che il fascismo
aveva abusivamente soffocato, senza che io ne avessi la coscienza"
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