Szpilman
Wladislaw Szpilman - Vicenda

La vita durante l’assedio di Varsavia

Wladislaw Szpilman era un giovane ebreo polacco di Varsavia. La sua vita era la musica. Wladislaw o come veniva chiamato dai famigliari e dagli amici Wladek, era un pianista molto apprezzato a Varsavia. Egli suonava per la radio locale quel 23 settembre del 1939 quando le truppe della Germania nazista erano ormai in prossimità di Varsavia.
Wladislaw quel giorno stava eseguendo il Notturno in Do diesis di Chopin quando tutto attorno, alla città, l’artiglieria tedesca metteva a segno colpi sempre più vicini.
Varsavia fino a quel giorno era ancora una città libera, una città polacca. Il ghetto non era ancora stato creato e Wladislaw viveva, libero, con la sua famiglia in un appartamento in via Sliska, in pieno di quello che sarebbe poi diventato un quartiere ariano.
Il pianista, mentre le bombe cadevano sempre più vicine, continuava a suonare il suo pezzo. Il frastuono delle bombe era sempre più vicino, tanto che Wladislaw non riusciva neppure a sentire il suono del suo piano. La sua trasmissione fu l’ultima ad andare in oda da Varsavia. Più tardi, quello stesso giorno, un proiettile centrò la cabina elettrica della stazione radio e le trasmissioni cessarono.
Wladislaw riuscì a rientrare a casa solo molto dopo, dovette infatti aspettare che l’artiglieria allentasse un po’ il ritmo del cannoneggiamento.
Ma vennero giorni ancora peggiori per Varsavia. Tra il 25 e il 26 settembre l’assedio era pesante. La città era in preda ad un frastuono incredibile: il rumore delle esplosioni si mescolava col ruggito dei cannoni, sovrastato dall’urlo degli aerei in picchiata. L’aria era greve di fumo e gonfia della polvere dei mattoni e dell’intonaco dei muri sgretolati dai proiettili. La gente si rifugiava come topi nelle cantine o nei propri appartamenti nel tentativo di sfuggire alle strade, quindi alla morte.
La sopravvivenza in quei giorni diventava soltanto un fatto in mano al puro caso, le persone potevano morire anche per questioni di un millimetro. Scrive infatti Szpilman: “Non so come in quei giorni riuscii a sopravvivere. Una scheggia di Shrapnel uccise un tizio che stava seduto accanto a me nella camera da letto dei nostri amici.”

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