L'insurrezione del Ghetto di Varsavia ebbe un grande significato politico: dimostrava che si poteva resistere ai tedeschi anche in condizioni di partenza fortemente svantaggiate.
Questo significato fu colto un anno più tardi quando l'intera città di Varsavia il 1° agosto 1944 insorse resistendo sino al 2 ottobre successivo.
L'insurrezione di Varsavia trovò ispirazione nella lotta disperata che era stata condotta nel Ghetto e ad essa parteciparono molti dei sopravvissuti della ZOB, tra questi Marek Edelman.
A più lunga distanza l'insurrezione del Ghetto rappresenta un simbolo morale, ancora oggi, per tutta l'umanità. Il significato del sacrificio dei combattenti che sin dall'inizio non avevano alcuna illusione di vincere sta nella riaffermazione della dignità umana di fronte alla barbarie del totalitarismo nazista e a quella di ogni ideologia negatrice della libertà e dei diritti.
La lotta del Ghetto non rappresenta solo una pagina di storia ebraica ma un momento alto per la moralità del genere umano, della sua volontà a preservare il diritto al rispetto, alla pace, alla convivenza.
In questo senso il significato puramente militare dell’insurrezione è secondario. I nazisti infatti non distolsero truppe dal fronte per soffocare la rivolta della ZOB. Il numero dei caduti tedeschi nei giorni di combattimento fu estremamente basso. Stroop nel suo rapporto dichiarò che le sue truppe ebbero 16 morti e 85 feriti. Certamente le perdite dovettero essere maggiori ma qualsiasi sia stato il loro numero reale non è questo il punto focale degli avvenimenti.
Mordechai Anielewicz e i suoi compagni di lotta scelsero come morire per riaffermare che ogni dittatura può imporsi ai corpi delle sue vittime ma non potrà mai piegare le loro anime.
Se dopo sessanta anni dalla rivolta la dignità dell'uomo è ancora un valore che non si spegne con la morte lo dobbiamo anche al sacrificio dei ragazzi e delle ragazze ebree del Ghetto di Varsavia.