Stroop (terzo da sinistra) ammira la sua opera, la distruzione del Ghetto di Varsavia -foto d'epoca-
|
I primi giorni di maggio segnarono la disarticolazione finale della capacità di resistenza della ZOB.
Oramai i combattenti non potevano sottrarsi agli attacchi fuggendo di bunker in bunker. Il cerchio si era definitivamente stretto intorno a loro.
Il comando della ZOB con Anielewicz aveva trovato riparo in un bunker costruito da contrabbandieri e malviventi del Ghetto in via Mila 18. Si trattava di una costruzione stupefacente dotata di luce elettrica, un pozzo, una cucina, ambienti per dormire e persino per leggere. Il capo dei contrabbandieri, Shmuel Ascher offrì riparo a tutti i combattenti scampati. C'erano circa trecento persone tra le quali cento combattenti sopravvissuti della ZOB.
Fu qui che si svolse l'ultima battaglia di Anielewicz e dei suoi.
L'8 maggio il bunker viene circondato dai nazisti. Si spara da ambo le parti. Il tentativo di irruzione fallisce e diversi tedeschi vengono uccisi: nell'imboccatura e nei corridoi del bunker si ingaggia una lotta dove le pistole ridiventano efficaci e la superiorità numerica non ha più alcun valore.
Dopo due ore di combattimenti feroci i nazisti si ritirano. I genieri iniziano a gettare nelle aperture del tunnel candelotti fumogeni. Nel bunker non si riesce più a respirare. Jurek Wilner ordina ai combattenti di non cadere vivi nelle mani dei nazisti e da l'ordine di suicidarsi. Anielewicz spara alla sua fidanzata Mira e poi si suicida. Lutek Rotblat uccide la sorella e la madre prima di spararsi. Poi nel buio e nell'oscurità provocata dai fumogeni uno dopo l'altro gli uomini e le donne della ZOB si uccidono. Ruth, una delle combattenti, non riesce a uccidersi, le occorrono sette colpi per morire.
|
Un cannoncino da 20 mm. colpisce la sommità di una casa -foto d'epoca-
|
Dopo la guerra Stroop ricordò così la giornata di battaglia:
"L'8 maggio fu una giornata importante per me. Quel giorno riuscimmo ad espugnare il bunker di via Mila. Era il comando della ZOB, largo, profondo ben fortificato con molte entrate e vie di fuga verso le fogne con una rete di passaggi sotterranei scavati dagli ebrei.
Le mie truppe erano del tutto prive dell'esperienza necessaria per un combattimento corpo a corpo. Dopo una dura, lunga lotta riuscimmo finalmente a conquistare il bunker catturandone una sessantina. Un certo numero di loro si erano suicidati".
Marek Edelman con una trentina di combattenti arrivò qualche ora dopo in ciò che rimaneva del bunker di via Mila. Trovò una quindicina di superstiti che erano riusciti a sottrarsi alla cattura.
Edelman e i suoi decisero che continuare la resistenza nel Ghetto non aveva più senso. Occorreva uscirne.
|