Varsavia
Il Ghetto di Varsavia: La battaglia: 24 aprile 1943

Due resistenti ebrei appena costretti ad uscire da un bunker
-foto d'epoca-

La battaglia del 24 aprile 1943

La resistenza della ZOB si è trasformata in una guerra dei rifugi, in un rimpiattino continuo tra i commandos delle SS che cercano i bunker e gli abitanti della città sotterranea che cercano di non farsi scoprire o che resistono sino alla morte per non cadere nelle mani dei nazisti.
Non è facile comprendere a quali sofferenze andavano incontro i sopravvissuti dei rifugi, una testimone racconta:
"Non abbiamo altro in mente che una boccata d'aria. Il calore, nel rifugio, è intollerabile. Non è solo il calore dell'incendio: i muri ribollono e trasudano odori come se ne uscissero muffe decennali che si espandono per effetto della temperatura.
Sto a bocca aperta, come tutti intorno a me, per l'illusione e il tentativo di inghiottire aria. Non si parla, nel rifugio, se si parla è anche più difficile respirare. Ma di tanto in tanto ci sono grida, litigi, nervosismi e tensioni senza fine, quasi sempre per cause futili.
Non mangiamo da ventiquattr'ore, possiamo solo masticare del pane biscottato e bere un po' d'acqua. Tutte le riserve di cibo si sono deteriorate: l'odore di muffa è penetrato nel cibo rendendolo immangiabile.
Qualcuno si consola al pensiero che quando l'edificio si sarà raffreddato si potrà salvare qualcosa delle provviste. Ma parlare di raffreddamento è pura illusione. L'edificio è stato incendiato due giorni fa e il calore non solo non è diminuito, ma cresce di ora in ora. Tutti si sono spogliati e nessuno bada al fatto che uomini e donne siedano accanto quasi nudi. Sopra, i nazisti stanno rovistando in cerca di noi, in qualsiasi momento possono trovarsi sulla nostra testa. Spesso è possibile sentire, sopra a noi, il rumore dei loro pesanti stivali, hanno cercato di qua e di là e se ne sono andati senza trovare nulla.
Ma noi sappiamo che sono entrati in molti rifugi, perciò dobbiamo essere prudenti. I rumori e l'aria viziata che sfugge dall'entrata del rifugio potrebbero farci scoprire".
Nella sua ultima lettera uscita dal Ghetto il comandante della ZOB Mordechai Anielewicz scriveva:
"Non posso descrivere in quali condizioni gli ebrei vivano ora nel ghetto. Solo una persona straordinariamente determinata potrebbe resistere. Quelli che restano moriranno prima o poi, il loro destino è segnato. In quasi tutti i rifugi in cui si nascondono a migliaia è impossibile perfino accendere una candela perché manca l'aria".



Colonna di deportati in una strada del ghetto invasa dal fumo
-foto d'epoca-

Ma neppure questo orrore ferma la ZOB. Una nuova tattica prende di sorpresa Stroop e le sue SS.
Piccoli gruppi di dieci combattenti escono dai rifugi indossando uniformi tedesche e attaccano di sorpresa i commandos impegnati nella ricerca dei rifugi. Improvvisamente una gragnuola di colpi, una bomba a mano, un colpo di revolver arrivano alle spalle delle SS. Il cacciatore diventa preda e si accendono combattimenti ovunque.
Stroop - che aveva messo in bilancio di terminare le operazioni proprio oggi - deve cambiare tattica. I ventiquattro gruppi di commandos attaccati da tutte le parti non possono operare isolatamente. Così il nuovo ordine è di incominciare il setacciamento tutti insieme in modo da coprirsi i fianchi dagli attacchi di sorpresa della ZOB.
Alla fine delle operazioni che si protraggono anche durante la notte, Stroop annuncia di aver catturato 1.814 ebrei dei quali 330 immediatamente passati per le armi.
Ventisei bunker sono stati scoperti e distrutti.
Sembra quasi impossibile ai nazisti che vi siano ancora ebrei vivi nel Ghetto, Stroop è convinto di avere a che fare con poche migliaia e scrive ai suoi superiori che è convinto di terminare l'operazione per il lunedì di Pasqua.



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