Varsavia
Il Ghetto di Varsavia (1940-1942)

La costruzione del muro nell'ottobre 1940
-foto d'epoca-

Il ghetto di Varsavia (1940-1942)

Nell'estate del 1942 il ghetto ebraico di Varsavia esisteva oramai da quasi due anni. Il 16 novembre 1940 - secondo le fonti ufficiali tedesche 380.740 ebrei vi erano stati rinchiusi. Il Ghetto - che i nazisti con uno dei loro agghiaccianti eufemismi cifrati chiamavano "zona residenziale ebraica" - era circondato per tutto il suo perimetro da un muro. Questa barriera di mattoni poteva essere attraversata da un ebreo in due modi: o a bordo di un treno piombato diretto ai campi di sterminio, o dentro una bara per essere sepolto nel cimitero ebraico.
Si trattava di un'area di modeste dimensioni: una manciata di palazzi alti al massimo cinque piani distribuiti su un'area di 403 ettari. La densità abitativa era spaventosa: 108.000 persone per chilometro quadrato.
A governare questo microcosmo di disperazione, fame e sovrappopolamento i tedeschi avevano incaricato il professor Adam Czerniakow. Si trattava di un uomo di sessant'anni che aveva studiato chimica in Polonia e aveva poi ottenuto una laurea in ingegneria industriale in Germania, presso l'Università di Dresda. Prima della guerra Czerniakow aveva coltivato ambizioni politiche divenendo membro del consiglio comunale di Varsavia, candidato al senato era all'interno del consiglio direttivo della Comunità ebraica. Non era un sionista, si trattava piuttosto di un ebreo assimilato convinto sostenitore dell'integrazione culturale tra ebraismo e cultura europea. Era un borghese onesto, fiducioso nella legge e nei principi di ordine e buon governo.
Dopo la laurea aveva scelto l'insegnamento. Nell'ottobre del 1939 questo tranquillo borghese venne convocato presso la sede della Gestapo di Varsavia e gli venne ordinato di diventare presidente del "Consiglio ebraico" e nominare un comitato di 24 persone. Da quel momento il Consiglio o "Judenrat" come lo chiamavano i nazisti sarebbe stata l'unica autorità riconosciuta dal governo d'occupazione germanico, l'unica responsabile del comportamento degli ebrei di Varsavia.
Czerniakow credeva che i nazisti che aveva dinanzi fossero gli stessi tedeschi civili e ben educati che aveva conosciuto nei suoi anni d'Università. Credeva che la loro parola d'onore di ufficiali avesse valore. Credeva che le intenzioni tedesche fossero semplicemente quelle di dividere gli "ariani" dagli ebrei e di sfruttarne la forza lavoro. Tutte queste convinzioni lo guidarono giorno dopo giorno, mese dopo mese verso il disastro e verso la morte.


Mappa del ghetto di Varsavia
-foto d'epoca-

Il Consiglio ebraico si trasformò in una macchina burocratica che dovette occuparsi di ogni cosa: alimentazione, educazione, sicurezza e soprattutto lavoro. Più di duemila persone lavoravano all'interno del Consiglio e un corpo di polizia di altri duemila uomini era incaricato di mantenere l'ordine tra le mura del Ghetto.
Dall'altra parte del muro i nazisti chiedevano forza lavoro schiava per compiti faticosi e umilianti. Czerniakow di fronte alle retate effettuate ogni giorno nel Ghetto dalle SS, pensò che se avesse garantito ai nazisti ogni giorno un numero di lavoratori specializzati e numericamente sufficienti avrebbe potuto salvare la vita degli abitanti del suo "regno". Così iniziò un gioco del gatto e del topo. Da una parte Czerniakow illuso che per i nazisti la forza lavoro e le questioni economiche fossero importanti, dall'altra parte il ghetto nazista.
Czerniakow ragionava come un uomo normale, come un borghese pieno di buon senso: "finché dimostreremo di essere utili al loro sforzo bellico saremo sicuri di sopravvivere". Ma il gatto nazista non ragionava con il buon senso borghese. La logica razziale tedesca era totalmente estranea a considerazioni economiche. Gli ebrei erano i portatori di una infezione spirituale che affliggeva l'Europa. Era compito irrinunciabile dei creatori del "nuovo ordine europeo" ripulire il contenitore dall'infezione ebraica.
Mentre giorno dopo giorno Czerniakow cercava di essere sempre più "utile" i nazisti preparavano la sua morte e quella di tutti gli abitanti del Ghetto.

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