Canopi
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Evoluzione Tipologica

L’uso dei vasi canopi sembra quasi certamente risalire alla IV Dinastia anche se a questo proposito sono state formulate varie ipotesi. Il Budge sostiene che i vasi più antichi si possano far risalire al massimo alla XI Dinastia. Il Bonnet ritiene al contrario che l’uso dei canopi abbia avuto inizio sin dall’Antico Regno, ipotesi supportata anche dai ritrovamenti archeologici effettuati. Anche la tesi dello Smith si pone sulla linea di quella di Bonnet affermando che l’introduzione dei vasi canopi coincida con la pratica di sepoltura del corpo disteso in casse di legno o pietra e quindi dell’imbalsamazione. La tipologia più antica di vasi risale all’Antico Regno ed è caratterizzata da corpo ellissoidale verticale con spalla abbastanza pronunciata. Il coperchio aniconico, leggermente convesso, era uguale per tutti i vasi appartenenti ad una stessa serie. I canopi di quest’epoca, solitamente di calcare o pietra, non presentano alcuna decorazione o iscrizione. I vasi più antichi non sembrano esser stati utilizzati per contenere le viscere in quanto non sono state rilevate al loro interno tracce di materia organica. Questi primi vasi avrebbero avuto quindi valore puramente simbolico. Sembra probabile che durante l' Antico Regno non vi fosse una stretta dipendenza dei vasi dalle cassette e viceversa dal momento che sono attestati canopi isolati riposti in nicchie all’interno della camera sepolcrale e cassette contenenti semplici pacchetti di viscere mummificate non riposte all’interno di vasi.

Le cassette ritrovate, di granito o pietra, avevano forma generalmente cubica, molto semplice, priva di decorazioni e iscrizioni in accordo con lo stile semplice dei vasi.

Il Primo Periodo Intermedio rappresenta un momento di transizione per ciò che riguarda l’uso delle cassette canopiche in relazione a quello dei vasi. Infatti le cassette, rettangolari, con divisione interna in quattro scomparti, presentano un coperchio interno su cui sono dipinti i quattro vasi o su cui erano addirittura collocate le teste dei figli di Horo, simulando così la presenza reale dei vasi. Questi ultimi presentano come tratto distintivo la squadratura della spalla che nelle epoche precedenti era, nella quasi totalità degli esemplari studiati, arrotondata. Un nuovo elemento che arricchisce lo spettro tipologico dei vasi canopi è la forma del coperchio che assume fattezze umane con parrucca e talvolta con barba. Per un quadro completo della tipologia dei coperchi si rimanda al Capitolo 3 del presente lavoro. I vasi di questo periodo presentano l’iscrizione, fino ad ora molto rara, che riporta una corta formula di protezione o in taluni casi solo il nome del proprietario. In ambiente eracleopolitano lo sviluppo del vaso canopo segue da vicino quello della cassa antropoide per la mummia. Il coperchio presenta generalmente fattezze umane e sul corpo del vaso, ingentilito rispetto alla forma tipica dell’Antico Regno, sono modellate due braccia che sembrano estendere la protezione divina sul contenuto del vaso.

Durante il Medio Regno si continua ad utilizzare questo tipo di vaso mummiforme con corpo allungato e spalla alta, ad imitazione della bare per le mummie, ad ulteriore conferma che i vasi canopi erano considerati dagli Egiziani come le bare delle viscere. Nel Medio Regno si consolida l’uso di coperchi con fattezze umane - particolare che sottolinea ancor più la somiglianza con il defunto imbalsamato – introdotto nel Secondo Periodo Intermedio. I coperchi, di cui tre hanno solitamente il volto dipinto di rosso o nero e portano la barba mentre il quarto ha il volto dipinto di giallo ed é senza barba, rappresentano i quattro figli di Horo. Oltre ad alabastro, calcare e pietra si inizia ad utilizzare in modo piuttosto sistematico anche la terracotta, materiale più adatto degli altri a modellare vasi mummiformi e teste antropoidi. La decorazione si limita alle parrucche dei coperchi ed ai particolari del volto (occhi, ciglia, bocca…). L’iscrizione, quasi sempre presente, consiste in una formula di protezione accordata dal Genio tutelare al defunto. Le cassette, a forma generalmente quadrata, presentano una divisione interna a croce. Nel caso in cui le cassette fossero di legno si utilizzava una tecnica ad incastro che contemplava anche l’uso di tasselli.

La presenza di vasi e cassette canopiche nei corredi funebri del Secondo Periodo Intermedio non è molto attestata e d’altra parte non si riscontrano, negli oggetti documentati, caratteristiche peculiari che possano far pensare ad innovazioni apportate ai costumi funebri. La tipologia dei vasi della XVIII Dinastia non si differenzia da quella delle epoche precedenti mentre per quanto riguarda la cassetta si devono menzionare le innovazioni stilistiche che la avvicinano ai Naoi. Questo tipo di cassetta presenta, nel modello più semplice, coperchio arrotondato sul lato anteriore e le quattro facciate rientranti verso il fondo, su una delle quali è talvolta dipinta una porta.

Il Nuovo Regno porta con sé alcune novità dal punto di vista tipologico. È attestata una nuova tipologia di vasi con corpo cilindrico con spalla squadrata e base troncoconica (vedi Capitolo 3, p.43) cui è sempre associato un coperchio a testa di animale. La particolarità dell’oggetto risiede nella forma e nel fatto che vasi molto simili a questo erano usati, sempre nella XIX Dinastia, per contenere gli ushabti. La XIX Dinastia segna una tappa fondamentale nello sviluppo della tipologia dei vasi e dei coperchi. Questi ultimi assumono infatti le fattezze dei Geni dei Morti sotto la cui protezione il vaso è posto. Il canopo di Imseti porta un coperchio con fattezze umane, quello di Hapi ha fattezze di scimmia, Duamutef di sciacallo e Kebehsenuf di falco. In questo modo si cementa ancor più il legame esistente tra i figli di Horo ed il defunto, arrivando ad una totale identificazione. Il passaggio dai quattro coperchi a forma umana e quelli le cui fattezze rappresentano il Genio tutelare è stato graduale a conferma del fatto che i modelli formali non nascono e muoiono improvvisamente ma passano attraverso fasi transizionali attenuate. L’uso di questo tipo di coperchi è divenuto molto frequente solo a partire dalla fine del Nuovo Regno per proseguire a tutto il Terzo Periodo Intermedio quando oramai rappresentano indiscutibilmente la tipologia classica.

La decorazione dei vasi è più ricca e consiste talvolta in un pettorale dipinto sul corpo del vaso al di sotto della bocca, talvolta in una scena di offerta in cui il defunto è rappresentato in atto di rendere omaggio alla divinità. La forma delle cassette è quella cubica consueta la cui particolarità sta però nel fatto di essere montata su slitte che ne permettono e facilitano il trasporto. Anche le decorazioni della cassetta si fanno pù ricche. Solitamente si trovano motivi geometrici in corrispondenza degli spigoli, le figure delle quattro dee stanti sui quattro lati, in atto di proteggere il contenuto della cassetta abbracciandolo simbolicamente, e talvolta sul coperchio Anubi accovacciato.

Nel periodo che intercorre tra la XXII e la XXV Dinastia i vasi canopi erano piuttosto rari. La pratica di imbalsamazione prevedeva, in questo periodo, che le viscere non fossero estratte dal corpo o vi fossero riposizionate una volta conclusosi il processo d’imbalsamazione. I canopi di conseguenza presentano una cavità interna molto ridotta e quasi sempre vuota. Spesso al posto delle viscere i canopi venivano riempiti di cocci o di pezzi di legno.

L’Epoca Saita presenta una grande varietà di forme per il vaso, talvolta utilizzate anche nell’ambito della stessa serie, mentre la tipologia dei coperchi è uniforme, presentando una testa umana e tre di animali. Le decorazioni riguardano i coperchi e più raramente il corpo del vaso che solitamente è inscritto. Le iscrizioni sono uniformi e consistono in formule di protezione verso il defunto, anche piuttosto elaborate.

Un breve discorso a parte meritano gli pseudocanopi o falsi canopi. Questi vasi che imitano, in forma del vaso e del coperchio, i canopi sono costituiti da un unico blocco e la separazione tra coperchio e corpo del vaso è resa in modo fittizio con una linea incisa. Esistono alcuni esemplari che presentano coperchio e corpo del vaso separati, in questo caso però è ricavata la cavità interna destinata a ricevere gli organi del defunto . Di conseguenza il vaso perdeva la sua funzione principe di contenitore e quindi di protettore delle viscere. L’uso degli pseudocanopi risale al Nuovo Regno, anche se appare molto limitato, e solo con il Terzo Periodo Intermedio si può parlare di una loro generale diffusione. Nonostante ciò è da sottolineare come il numero degli pseudocanopi ritrovati risalenti al Terzo Periodo Intermedio, periodo della loro massima diffusione, sia notevolmente inferiore a quello dei canopi risalenti alla stessa epoca. Stilisticamente gli pseudocanopi non sono molto curati e la fattura è nella maggioranza dei casi rozza. Le tipologie che sembrano esser state le più usate per la realizzazione degli pseudocanopi sono quella troncoconica a spalla leggermente arrotondata o squadrata (vedi numero 6 della tavola di schematizzazione a p.38) e quella cilindrica (3a). I materiali più usati sono la pietra ed il legno, coperto o meno da uno strato di gesso e poi eventualmente dipinto. L’iscrizione è assente nella quasi totalità degli esemplari o, se presente, consiste nel nome del proprietario del vaso o della divinità che aveva il compito di proteggerlo. L’uso degli pseudocanopi si può forse mettere in relazione con episodi di trascuratezza religiosa in seguito ai quali le viscere venivano lasciate all’interno del corpo del defunto o con un temporaneo cambiamento nel processo di mummificazione. In ogni caso si ragiona in termini di cause ipotetiche perché ad oggi non sono state ancora elaborate teorie che siano supportate da studi completi ed esaurienti in merito.

Nonostante si siano potute delineare alcune tappe dell’evoluzione tipologica, in base alla datazione delle prime attestazioni fatte di nuove tipologie di vasi e cassette canopiche, non è stato possibile definire una corrispondenza precisa tra forma del vaso ed epoca o forma del vaso e luogo di provenienza. I dati raccolti confermano come vasi di tipologie diverse siano attestati in epoche diverse, in luoghi ed in contesti tombali differenti. La ricerca del materiale che si è condotta è stata esclusivamente libraria e di questo presenta i limiti. La documentazione infatti non è sempre uniforme dal momento che i libri, i cataloghi di Mostre e Musei, i rapporti di scavo e le riviste da cui si sono tratte le informazioni pertinenti al lavoro adottano nella maggior parte dei casi metodi di catalogazione differenti e spesso incompleti, tralasciando talvolta di riportare il testo dell’iscrizione, il nome o i titoli del defunto o l’immagine.

La ricerca svolta sui canopi e la loro conseguente catalogazione informatica non ha la pretesa di essere completa ed esaustiva, pur tuttavia il numero di oggetti sino ad ora inseriti nel database, appositamente progettato, è piuttosto rilevante dato che si aggira sui duemila esemplari.

Dipartimento di Informatica, Pisa, Italy