Canopi
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Analisi Storica

I vasi funebri destinati a contenere e proteggere le viscere estratte dal corpo del morto erano parte integrante dei corredi delle tombe egizie.

In tempi moderni questi vasi funerari vennero designati con il termine di vasi canopi. Il termine fu coniato dai primi egittologi che collegarono questi vasi con l’eroe greco Canopo che era venerato in forma di vaso con testa umana nell’omonima città situata nel Delta, presso l’odierna Abukir. L’origine dei canopi egizi risale alla fine dell’Antico Regno quando le viscere del defunto, estratte dal corpo durante il processo di mummificazione, erano riposte al loro interno. I vasi in numero di quattro, ognuno destinato a contenere un organo diverso, erano ordinati in cassette di legno o pietra e venivano depositati nella tomba accanto al defunto. Durante la cerimonia di sepoltura, la cassetta contenente i vasi canopi veniva trasportata nella tomba al seguito della bara.

Per quel che riguarda la loro sistemazione all’interno della camera sepolcrale si sono riscontrate tecniche differenti. A Giza per esempio è attestata l’usanza di scavare un pozzo nell’angolo sud-est della camera sepolcrale. Meno frequente appare l’uso, invece largamente attestato a Meidun, di aprire una nicchia nella parete sud, vicino all’angolo sud-est o sud-ovest, o nella parete est.

La rimozione degli organi dal corpo del defunto era una pratica in uso già dagli inizi dell’Antico Regno, dal momento che si comprese che ciò avrebbe permesso di conservare in modo migliore il corpo. Sino alla Terza Dinastia le viscere, estratte dal corpo, venivano essiccate e preservate con resine, avvolte separatamente in fasce, solitamente di lino, e poste accanto alla mummia. Dalla fine della IV Dinastia entrò in vigore l’uso di conservare le viscere all’interno dei vasi canopi, per lo più in pietra. Gli organi, essendo parte del corpo, erano considerati e trattati come piccole mummie e pertanto la loro "sepoltura" era seconda per importanza solo a quella del corpo stesso. Questa pratica, privilegio esclusivo di uomini di alto rango nell’Antico Regno, divenne sempre più comune e diffusa nel corso delle successive epoche come dimostra la quantità di ritrovamenti effettuati soprattutto a partire dalla XII Dinastia.

L’arco di tempo in cui si distribuisce la produzione dei canopi è molto ampio, il loro uso si protrae dalla fine dell’Antico Regno sino all’Epoca Romana. È però da sottolineare che, se durante il Terzo Periodo Intermedio i canopi sono ancora largamente attestati - in particolar modo durante la XXVI Dinastia - in seguito il loro l’uso sembra andar scomparendo e, nonostante si siano ritrovati esemplari di Epoca Romana, la fattura e la mancanza di iscrizioni sul corpo del vaso testimoniano come si trattasse in realtà di imitazioni non capite, in cui si era perso il significato religioso dell’oggetto.

Gli organi custoditi all’interno dei vasi canopi, come del resto il corpo, erano posti sotto la speciale protezione di divinità tutelari che avevano il compito di proteggerli da eventuali pericoli, dalla fame e dalla sete. Questo compito era assolto dai quattro Geni, figli di Horo: Imseti, Hapi, Duamutef e Kebehsenuf. Costoro erano identificati con i quattro punti cardinali e rispettivamente Imseti con il Sud, Hapi con il Nord, Duamutef con l’Est e Kebehsenuf con l’Ovest. I vasi canopi, associati alle diverse divinità, erano disposti all’interno della camera sepolcrale in direzione dei quattro punti cardinali, purtroppo però molto raramente si ha il privilegio e la fortuna di ritrovare le tombe intatte ed il corredo funebre ancora nella posizione originale.

Imseti, Hapi, Duamutef e Kebehsenuf erano preposti ognuno alla custodia di un particolare organo, rispettivamente il fegato, i polmoni, lo stomaco e gli intestini. Le stesse divinità furono identificate, in particolar modo a partire dalla XII Dinastia, con gli organi alla cui cura erano preposte e di rimando con il defunto stesso. Di conseguenza nel vaso era presente non solo il defunto ma anche il figlio stesso di Horo è documentato dalle formule incise o dipinte sui vasi che recitano "L’Osiri … è Imseti", "…Hapi", "…Duamutef", "…Kebehsenuf". Le viscere godevano anche della protezione di quattro dee, Isi, Nefti, Neit e Serket legate ognuno ad uno dei Geni. Le coppie di divinità protettrici sono: Imseti e Isi, Hapi e Nefti, Duamutef e Neit, Kebehsenuf e Serket. Nonostante siano frequenti eccezioni si rileva un certo rapporto di coincidenze tra le quattro dee, i quattro Geni ed il contenuto dei vasi come mostra la tabella riassuntiva che segue.

Genio

Coperchio

Dea

Contenuto

Punto Cardinale

Imseti

Testa umana

Isis

Fegato

Sud

Hapi

Testa di scimmia

Nefti

Polmoni

Nord

Duamutef

Testa di sciacallo

Neit

Stomaco

Est

Kebehsenuf

Testa di falco

Serket

Intestini

Ovest

Tab.1: Relazioni ricorrenti tra Geni, dee e contenuto dei vasi canopi.

Le viscere quindi erano protette dai figli di Horo, dalle quattro dee e dal vaso stesso in cui erano conservate. Questo concetto di protezione esercitata sulle viscere viene ribadito nelle iscrizioni, come per esempio quelle della XXVI Dinastia, che riuniscono insieme il figlio di Horo ed il defunto "Parole dette da Isi: io proteggo l’Imseti che è in me, l’Osiri …., giustificato" .Le iscrizioni appaiono su vasi e cassette canopiche poco prima del Medio Regno ma non è possibile dire con certezza quando. Incise o dipinte con "inchiostro" raramente si trovano sui coperchi dei vasi. Nel caso in cui le iscrizioni fossero incise potevano esser riempite di pigmenti colorati che contribuivano a rendere il lavoro più elegante e raffinato. Nella maggior parte dei casi l’iscrizione era posta all’interno di una inquadratura o le colonne che la componevano erano separate da linee verticali.

Dipartimento di Informatica, Pisa, Italy